Architettura romana

Secondo la tradizione, Roma venne fondata nel 753 avanti Cristo. Nei primi 5 secoli della sua storia, corrispondenti all'età monarchica e repubblicana, Roma si affermò come potenza militare, dandosi ordinamenti politici, sociali, religiosi, senza produrre opere d'arte. In questi 500 anni, le opere che si trovavano a Roma non erano romane, ma erano importate o conquistate. Gli artisti che operavano a Roma erano soprattutto Etruschi e Greci.

La cultura si sviluppò lentamente e la lingua latina comparve molto tardi. Inizialmente i romani erano una mescolanza di popoli con origini diverse. Inizialmente tutto ciò che non aveva immediatamente scopi pratici era disprezzato dai Romani, per questo i più antichi cittadini romani si dedicarono all'arte raramente.

I primi testi scritti erano contratti, fatture, documenti e servivano a scopi puramente pratici. Poi nel corso dei secoli si iniziò a scrivere lettere e trattati, fino a che per ultima compare la letteratura vera e propria.

Man mano che i romani entrano in contatto con popoli più evoluti incominciano a rendersi conto dell'importanza delle arti.

Nella storia romana si possono distinguere tre periodi fondamentali:

  • Periodo Monarchico o Regio

  • Età Repubblicana

  • Età Imperiale




Il periodo monarchico o regio

Il periodo monarchico va dalla fondazione di Roma, nell'VIII secolo a.C fino alla cacciata del settimo re, etrusco, Tarquinio il Superbo alla fine del VI secolo a.C.

All'inizio del periodo monarchico Roma era un agglomerato di piccoli villaggi fatti di capanne. Con il dominio dei Re etruschi vennero realizzate le prime costruzioni di tufo e pietra e qualche tempio, ma si trattava di opere etrusche.




L'età repubblicana

Dal 509 al I secolo avanti Cristo Roma attraversò l'età repubblicana.

L'architettura e l'ingegneria si svilupparono tra il IV e il III secolo a. C., allorquando contribuirono a definire l'arte più rappresentativa e originale della civiltà romana. In questo periodo i Romani raggiunsero risultati altissimi per qualità e soluzioni costruttive. Si trattava comunque di costruzioni finalizzate a scopi pratici ben precisi, come le funzioni di rappresentanza o di pubblica utilità, necessarie all'organizzazione e al controllo di un territorio in via di espansione. La costruzione delle strade rispondeva sia alle esigenze dello sviluppo dei traffici mercantili che ad agevolare gli spostamenti degli eserciti durante le azioni militari. Per gestire una risorsa come l'acqua, fondamentale per la vita delle città, si costruirono monumentali acquedotti, che permettevano il trasporto delle acque dalle sorgenti alle città mediante tubature lunghe numerosi chilometri. L'urbanistica, i sistemi viari interni, le cinte murarie e le fognature rappresentarono imprese che accompagnavano la fondazione delle città nel corso dell'ampliamento territoriale dello stato.

Le altre forme d'arte venivano considerate meno importanti o venivano addirittura disprezzate.

Tra il III e il II secolo a. C. si formano le prime maestranze edili e si evolsero le tecnologie costruttive secondo tre fasi essenziali:

  1. sistemi costruttivi etruschi, con costruzioni in grossi blocchi di pietra o tufo;

  2. sistemi costruttivi cementizi, più resistenti, ottenute utilizzando un impasto di malta e sabbia per tenere insieme i blocchi, come una specie di collante;

  3. sistemi costruttivi con mattoni, sviluppatisi a seguito delle campagne espansionistiche in Medio Oriente (Assiri, Fenici, Babilonesi....), molto resistenti e anche più leggeri ed elastici.

Per la costruzione dei templi, in Età Repubblicana i Romani ricorrevano spesso ad architetti etruschi, greci o di altri popoli italici. Uno dei primi esempi è il Tempio di Giove Capitolino, costruito secondo il modello etrusco: con podio, scalinata d'ingresso colonne tuscaniche e tre celle.




L'età imperiale

L'Età imperiale va dal I secolo a. C. al IV secolo d.C. inizia precisamente il 31 a. C., con l'imperatore Augusto, che avviò un periodo di grande sviluppo economico e culturale, oltre che politico e militare (l'impero di Roma conquistò tutto il mediterraneo).

Gli imperatori promossero una imponente diffusione di tutte le arti: pittura, scultura architettura; è il momento delle opere più grandiose. Nell'architettura si usava molto il marmo e i materiali preziosi. I più famosi monumenti romani corrispondono all'età imperiale.

Il concetto di decoro inteso come apparenza, potere, ricchezza, ma anche cultura, sapienza, caratterizzò questo periodo e alla fine superò quello di austerità, tipico delle fasi iniziali della storia di Roma.

Comunque, in generale, scultura e pittura furono spesso affidate a schiavi o comunque ad artisti solitamente appartenenti ai popoli vinti, perché considerate attività manuali, indegne di un cittadino romano. Sono spesso, infatti, opere anonime.

L'architettura invece era molto più considerata, perché aveva funzioni di utilità pubblica e rappresentanza. Gli ingegneri romani, tra cui spiccava il nome di Vitruvio, svilupparono importantissime tecniche costruttive, curando molto le architetture, sia nella monumentalità (grandiosità, imponenza) che nella solidità (alcune costruzioni sono usate ancora oggi).




Aspetti costruttivi dell'architettura romana

Se fino all'archiettura greca molto usata era la tipologia costruttiva trilitica (due piedritti e un architrave), con l'architettura romana fa il suo esordio una nuova tipologia costruttiva, evoluzione del sistema trilitico: l'arco.

Nel sistema ad arco la ripartizione dei pesi, ed il loro scarico a terra, avviene in maniera diversa dal sistema a triangolo e dal sistema trilitico. Gli elementi che costituiscono l'arco sono detti conci. Di questi, quello posto più in alto è detto concio in chiave. Questo concio, per effetto del suo peso, tende a cadere in verticale. Se ciò non gli è consentito, è per il mutuo contrasto che esiste con i due conci che lo sostengono sui due lati. Pertanto il suo peso si ripartisce su questi due conci con due forze perpendicolari alla superficie di contatto. A loro volta questi due conci trasmetteranno questa forza, più quella dovuta al loro peso, ai conci seguenti.

È facilmente comprensibile come, in questo modo, i conci vengono ad essere soggetti tutti alla medesima sollecitazione: ossia di compressione, che può facilmente essere assorbita da quasi tutti i materiali da costruzione. Un arco, quindi, può essere costruito con mattoni o con pietre di dimensioni notevolmente più piccole di quelle impiegate nel sistema trilitico. Tuttavia, pur impiegando materiali lapidei di dimensioni ridotte, un arco può coprire luci superiori a quelle che normalmente si riesce a coprire con il sistema trilitico.

Diverso è invece la sollecitazione che un arco trasmette ai suoi sostegni – siano esse pilastri, colonne, muri o altro. Nel caso del sistema trilitico la sollecitazione che l’elemento orizzontale trasmette ai piedritti è perfettamente verticale. Nel caso degli archi tale sollecitazione non è perfettamente verticale, ma è inclinata verso l’esterno dell’arco. Tale sollecitazione, detta di pressoflessione, tende non solo a comprimere la struttura, ma anche a spingerla verso l’esterno. In questo caso, si dice, infatti, che l’arco trasmette ai suoi sostegni non solo una spinta verticale ma anche una spinta orizzontale.

È facilmente comprensibile che, mentre la spinta verticale è contrastata dalla resistenza del materiale, quella orizzontale, per essere contrastata deve trovare una forza uguale e contraria che le si oppone. Questa forza, nella maggior parte dei casi, risulta essere il peso stesso dei piedritti. Ossia la spinta orizzontale dell’arco è equilibrata dal peso dei sostegni verticali. Per questa ragione, gli archi necessitano di sostegni verticali di notevoli dimensioni e spessore.

Un particolare tipo di arco è l'arco a tutto sesto, ovvero una semicirconferenza. In un arco a tutto sesto vi è una relazione determinata tra larghezza ed altezza di un arco: la larghezza coincide con il diametro della semicirconferenza, mentre l’altezza coincide con il raggio. Da ciò si ha che in un arco a tutto sesto l’altezza è esattamente la metà della larghezza.

Fino all'epoca romana, il problema di chiudere uno spazio era relativo, tant’è che i templi venivano concepiti come un porticato di colonne, richiudente al proprio interno una piccola cella. Per i romani il problema aveva coordinate totalmente diverse: per essi l’architettura non doveva «segnare» un luogo, ma «chiudere» uno spazio. Il sistema ad arco, quindi, consentiva la costruzione di volte, che ben si prestavano a coprire, pur con materiali di ridotte dimensioni, vasti ambienti. Il sistema trilitico, infatti, non consentiva la costruzione di grandi ambienti, se non infittendoli di colonne, come avveniva negli edifici egiziani.

Se l’arco è essenzialmente una struttura lineare (esso giace su un piano), la volta è un arco, o un insieme di archi, realizzati per occupare uno spazio tridimensionale.

La volta di più semplice concezione è la cosiddetta volta a botte: essa in pratica è un insieme di archi successivi, che realizza una specie di galleria. Tale volta, per il suo sostegno, necessita di due muri laterali portanti.

L’altra tipologia di volta era la volta a crociera: questa non si appoggia su due muri portanti, ma su quattro pilastri d’angolo. In tal modo, tale volta può essere aperta su tutti e quattro i lati, ed è quindi più funzionale per realizzare edifici a più navate.

La realizzazione di una volta a crociera avviene con la costruzione di quattro archi sui quattro lati della crociera. Per esigenze di carattere statico, questi quattro archi devono avere lo stesso punto di imposta e di chiave: in pratica devono avere la stessa altezza. In una volta a crociera con arco a tutto sesto, la distanza tra i pilastri (o le colonne) è uguale su tutti e quattro i lati ed è pari alla metà dell'altezza della volta. Pertanto una volta a crociera con arco a tutto sesto determina uno spazio dalla pianta perfettamente quadrata.

L’altra tipologia di volta utilizzata dai romani fu la cupola: essa, in pratica, è determinata dalla rotazione di un arco intorno al proprio asse verticale. Si determina così una perfetta calotta semisferica, la quale però, per il suo sostegno, necessita di un muro perimetrale continuo, di forma circolare.

Da queste tipologie di coperture a volta, si hanno quindi delle forme planimetriche ben precise:

  • una volta a botte può realizzarsi su piante rettangolari,

  • una volta a crociera solo su piante quadrate,

  • una cupola solo su piante circolari.

Gli edifici costruiti dai romani hanno in genere planimetrie che si compongono di spazi riconducibili sempre a queste figure geometriche elementari, alle quali corrispondono le volte già dette.

Le tipologie di edifici che i romani hanno realizzarono e di cui abbiamo tracce sono le grandi ville, urbane e rurali e gli edifici destinati a funzioni particolari: i fori erano dei mercati, o luoghi d’affari, composti da spazi chiusi, aperti e semi-aperti (porticati) che aveano una diretta discendenza dalle agorà greche; le terme erano edifici con ambienti dalle più diverse forme, destinati ai bagni in acque calde e fredde, agli esercizi ginnici, ai massaggi, ma anche a forme di socializzazione e di incontro (molte terme erano dotate anche di biblioteche e sale di lettura); le basiliche erano dei tribunali, in cui venivano esercitate le funzioni proprie della magistrature pubbliche.

I romani costruirono anche templi, che non si differenziavano molto da quelli greci, se non per l’ubicazione: i templi romani sorgevano, infatti, in contesti urbani, e non in posizione distaccata, come avveniva per le acropoli greche. Come i greci, anche i romani costruirono dei teatri, ma mentre i greci sfruttavano le pendenze naturali delle colline per realizzare le gradinate, i romani, grazie alle loro capacità tecniche e all’impiego di archi e volte, costruivano teatri anche su siti pianeggianti, realizzando imponenti strutture per conformare la pendenza delle gradinate.

Un teatro è un edificio per rappresentazioni teatrali: l’azione scenica si svolge su un podio con alle spalle una quinta scenografica. Il teatro è pertanto un edificio dalla pianta semicircolare. L’anfiteatro è invece una struttura dalla pianta ellittica, che serviva non alla rappresentazione teatrale ma allo spettacolo di esercizi ginnici e gladiatori: esso è più assimilabile ai moderni stadi. L’anfiteatro più famoso rimane il Colosseo, fatto erigere dall’imperatore Vespasiano.

Tra le costruzioni tipiche dell’architettura romana vi sono gli archi trionfali, monumenti dall’imponente mole, inizialmente eretti per simboleggiare una porta urbica, sotto la quale avveniva il passaggio delle legioni che tornavano vittoriose dalle campagne militari. Tali archi, in seguito, da trionfali divennero onorari, eretti in ricordo delle imprese, sia civili sia militari, degli imperatori. La loro tipologia è abbastanza semplice: si componevano di due enormi pilastri, in cui era aperto un arco, con un attico sovrastante. In seguito, come nell’arco di Costantino, i fornici divennero tre, dando luogo a due altri archi laterali più piccoli del centrale. Questi monumenti erano sfruttati per essere ricoperti di bassorilievi. Oltre alle iscrizioni dedicatorie e alle effigi e busti degli imperatori o altri personaggi o divinità, si componevano di pannelli scultorei in bassorilievo, che illustravano le imprese benemerite dell’imperatore.

Gli archi trionfali sono uno degli esempi più chiari della concezione architettonica romana: unire il sistema costruttivo ad arco con gli ordini architettonici greci. L’ordine architettonico non ha solo una funzione decorativa – le colonne, infatti, non hanno alcuna funzione statica per il sostegno del monumento – ma ha soprattutto una funzione progettuale: crea la base per il proporzionamento dell’edificio. I romani, coniugando l’arco con gli ordini architettonici, hanno creato il linguaggio classico dell’architettura, che resterà patrimonio per le epoche successive, quando queste, come il Rinascimento o il Neoclassicismo, guarderanno all’antichità per ritrovarvi ideali estetici senza tempo.

Molte delle realizzazioni romane furono loro consentite dall’utilizzo di un materiale da costruzione particolare: la pozzolana. Con tale termine essi indicavano un materiale di origine argillosa proveniente da Pozzuoli. In pratica la pozzolana era un legante idraulico molto simile al moderno cemento. Esso consentiva di conglobare pietre e lapilli vari, che, grazie alla pozzolana – quando questa asciugava –, erano unite in un unico conglomerato. Con ciò si potevano realizzare volte resistenti ma molto più leggere di quelle realizzate con pietre o mattoni. Consentivano quindi di coprire luci notevoli, e richiedevano muri meno spessi. Inoltre erano più facili da realizzare, perché non richiedevano la sagomazione dei conci, ma si realizzavano mediante un’unica gettata di pietrame e pozzolana.

I romani furono molto attenti alla realizzazione delle murature, sperimentando diverse tecniche che utilizzarono in maniera molto artistica. Il principio delle loro murature si basava, in genere, sulla realizzazione dei cosiddetti muri a sacco. Il muro, in pratica, aveva un’anima interna fatta di pozzolana e lapilli, mentre le due facce esterne erano realizzate con materiali vari, che costituivano il paramento a vista. In base alla tecnica di realizzazione e ai materiali impiegati, le murature dei romani prendono i diversi nomi:

  • opus incertum, se il paramento era realizzato con elementi lapidei di forma non regolare;

  • opus latericium, se era realizzato con mattoni, i quali erano tagliati a metà lungo la diagonale e di forma triangolare erano inseriti di spigolo nel muro;

  • opus tufaceum, se il materiale impiegato era di tufo;

  • opus reticulatum, se il paramento era realizzato con cubetti di porfido, dalla forma approssimativamente tronco-conica, che erano messi in posizione rombica;

  • opus mixtum, se il paramento si componeva di più tecniche diverse.

La maggior parte degli edifici romani è giunta a noi allo stato di ruderi, molti sono emersi solo da scavi archeologici, per questo solo dalle fondamenta possiamo riconoscere o ipotizzare le tipologie funzionali degli edifici. Ma l’aspetto integro di un edificio romano è per noi sconosciuto. Ciò non ci permette di apprezzare un aspetto, che pur dovrebbe avere un’importanza essenziale, nel valutare l’architettura romana: la qualità dello spazio interno.

A differenza dei greci, i romani costruivano soprattutto per conformare gli spazi interni: questi vanno valutati dall’ampiezza atmosferica, dalle luci e dalle ombre che vi si creavano, per effetto delle bucature che si aprivano all’esterno, dalla decorazione delle pareti, se in rivestimenti marmorei o ad affreschi su intonaci. Uno dei pochi edifici integri giunto fino a noi è il Pantheon: esso, con la sua enorme cupola, decorata all’interno a cassettoni e l’oculo centrale unica fonte di luce, ci suggerisce una concezione architettonica molto attenta ai risultati della percezione spaziale.

Ed, infatti, la tarda architettura romana ci suggerisce una capacità di controllo spaziale, che va molto di là della concezione dell’architettura come solo fatto costruttivo. Un edificio come il Mausoleo di Santa Costanza a Roma crea negli spazi delle intersezioni di luce ed ombre così affascinante, che non possono essere un risultato casuale di costruttori attenti solo alla statica dell’edificio. I romani hanno quindi aperto un filone del tutto nuovo nell’architettura – la poetica dello spazio –, lasciata in eredità all’impero bizantino, ad oriente, e ai regni barbarici in occidente.




Fori, templi e basiliche


Nel II secolo a.C., dopo i successi militari riportati in Oriente e in Grecia, Roma acquisì un rilevante ruolo politico e amministrativo, che la indusse a imporre un programma di riqualificazione delle strutture pubbliche della città. Sotto il diretto controllo dell’imperatore Augusto, nella capitale vennero realizzate per la prima volta tipologie edilizie e programmi funzionali che divennero un vero e proprio modello per le costruzioni di tutto l’Impero.




Fulcro della vita economica e sociale urbana divenne il foro, una grande piazza posta in posizione baricentrica, dove le persone si incontravano e praticavano scambi commerciali. In questo spazio, erede dell’antica piazza italica circondata da botteghe, così come dell’agorà greca e dell’ampio spiazzo che precedeva la facciata del tempio etrusco, si concentrano le sedi principali del potere religioso e civile.

Riproduzione del foro di Roma


Riproduzione del tempio romano


Il tempio divenne l’elemento architettonico con funzione di quinta scenica, posto all'estremità dell’asse longitudinale del foro, su un podio sopraelevato di circa 3 metri rispetto al suolo. Presentava pianta rettangolare, costituita da pronao e cella; la sua struttura compositiva accentuava la visione frontale e l’importanza della facciata, fulcro di interesse per le grandi masse di popolazione che seguivano i discorsi politici o assistevano ai riti religiosi celebrati sul podio davanti alla facciata. L’importanza dell’aspetto percettivo del tempio determina sotto Augusto un appesantimento degli elementi decorativi, l’utilizzo di capitelli compositi e di trabeazioni fortemente aggettanti: ne derivò uno stile ricco e monumentale, particolarmente indicato a rappresentare la magnificenza dell’Impero (un esempio è il tempio di Giove eretto a Baalbek nel 60 d.C.).

Esempio di capitello composito

Esempio di capitello composito

Esempio di trabeazione aggettante


La basilica è l’emblema dell’edificio pubblico romano, destinato alle assemblee e all'amministrazione della giustizia, sede del mercato e della borsa. Costruzione di derivazione greca, con i Romani sviluppò un’identità originale, in cui si delineavano i principali tratti delle future basiliche paleocristiane.

Ubicata al margine del foro (di cui costituisce un’espansione al coperto), la basilica veniva realizzata a pianta rettangolare e in genere era costituita da una navata centrale e da 2 o più navate laterali, più basse della precedente e sormontate da gallerie.

La luce penetrava dall'alto attraverso una serie di finestre ricavate nella porzione di muratura compresa in sezione tra la navata centrale e quelle laterali.

Tra le principali basiliche romane la più antica è la Basilica Porcia (184 a.C.), fatta costruire da Catone il Censore e ora distrutta; seguono le basiliche Emilia, Giulia, Ulpia e una costruzione pompeiana del 120 a.C. La basilica di Massenzio (306-312 d.C.) rappresenta la massima evoluzione di questo tipo di edificio: alla struttura puntiforme delle basiliche tradizionali, costituite da molteplici colonne e architravi, si sostituiscono 4 poderosi pilastri in calcestruzzo che sorreggono una volta a botte sviluppata su 3 campate, a costituire il più imponente dei luoghi di riunione laici dell’Impero, in grado di accogliere una moltitudine di cittadini.

Riproduzione della facciata, dell'interno e pianta di una basilica romana (Basilica di Ulpia)




Portici, mercati, teatri e anfiteatri


Un altro elemento architettonico tipico dello sviluppo urbanistico di Roma sono i portici, importanti per il fatto che definivano luoghi pubblici riparati e coperti. Inoltre la loro intrinseca natura di artificio progettuale permetteva di uniformare i prospetti degli edifici che gravitavano intorno al foro, restituendo un quadro scenografico armonico e unitario.


Resti del portico di Livia a Roma

Resti di un mercato romano coperto



Particolarmente complessa era, poi, la struttura architettonica dei Mercati Traianei (110 d.C.), composti da un’esedra monumentale affacciata sui Fori Imperiali e addossata al declivio del colle del Quirinale.

I mercati nascevano dall'aggregazione di strade interne, botteghe, volte e gallerie.

Altri edifici romani di notevole importanza sono i teatri e gli anfiteatri, destinati allo svago del popolo.

I teatri, di derivazione greca, si delinearono ben presto come costruzione autonoma all'interno del tessuto cittadino. Erano composti da una cavea (sotterraneo di servizio) sorretta da pilastri e archi in muratura e pietra e da un’alta parete scenica decorata come fosse la facciata di un palazzo. Il primo esempio di teatro in pietra è costituito dal teatro di Marcello (11 a.C.) a Roma, a cui seguono quelli di Orange, Arles, Timgad e Sabratha, costruiti tra il I e il III secolo d.C.

Pianta di un teatro romano


Gli anfiteatri (ottenuti compositivamente dall'accorpamento “faccia a faccia” di 2 teatri), il più celebre è senz'altro l’Anfiteatro Flavio (più noto come Colosseo per la presenza di una gigantesca statua di bronzo raffigurante Nerone, o colosso di Nerone, situata anticamente nel piazzale esterno), in grado di ospitare 50.000-60.000 spettatori, a cui seguono per importanza (con una capienza di circa 25.000 spettatori) gli anfiteatri di Verona, Pola, Nîmes e Arles.

I sotterranei di servizio (cavee) erano nascosti sotto l'arena, a cui si accedeva dagli ingressi posti sull'asse maggiore; a ovest si entrava e a est si usciva. Le strutture ipogee erano indispensabili per lo svolgimento dei giochi e delle venationes (spettacoli che avevano gli animali come protagonisti), poiché ospitavano le fiere e tutti i macchinari necessari per allestire gli apparati scenici.

Pianta e sezione di un anfiteatro romano




Le terme


Le terme erano strutture di grande rilevanza a Roma, sia dal punto di vista sociale sia in ambito architettonico. Preposte all'esercizio fisico e all'igiene personale (in sostituzione dei rudimentali servizi igienici della maggior parte delle abitazioni private), divennero presto occasione di svago, di scambi culturali e di incontri mondani. Racchiuse entro apposite recinzioni, le terme presentano una pianta rigidamente simmetrica, composta da una innumerevole serie di locali organizzati intorno all'asse centrale, provvisti di palestre, ginnasi, vasche per il nuoto e ambienti caldi e freddi disposti secondo temperature decrescenti. L’impiantistica era molto evoluta per l’epoca: si trattava di impianti di riscaldamento ad aria calda realizzati tramite canalizzazioni inserite nelle pareti o sotto il pavimento (ipocausti), di abbondanti rifornimenti d’acqua e di efficaci sistemi di scarico.

Per il riscaldamento dell’acqua si usavano focolari situati ai piani inferiori che diffondevano aria calda attraverso intercapedini appositamente create nel pavimento. Il corpo centrale della struttura in genere accoglieva la gigantesca stanza per i bagni in acqua calda, ossia il calidarium , che, concepito per sfruttare al meglio l’esposizione solare, era in genere ubicato sul lato sud e costituiva un corpo sporgente; per tutto il giorno la luce solare pervadeva gli ambienti grazie a grosse finestre.

Gli ingressi erano in genere più di uno e davano accesso a vestiboli e palestre e alla natatio (una grande piscina). Il percorso fatto di bagni ed esercizi sportivi, che iniziava nella natatio, si concludeva nella vasca non riscaldata detta frigidarium (o viceversa). Un altro ambiente importante per chi accedeva ai complessi termali era il tepidarium, una piccola sala quadrata con vasche laterali e nicchie. Vi erano poi delle stanze destinate agli spogliatoi. In alcun e terme venivano ubicati anche i laconicum (oggi noti come “bagni turchi”).

Ambienti sotterranei ospitavano le stanze di servizio e il mitreo (santuario ipogeo).

Oltre alle terme erette a Roma da Agrippa (33 a.C.), Nerone (58-62 d.C.), Tito (80) e Traiano (109), oggi non più esistenti, vale la pena di citare le imponenti terme di Caracalla (212-217) e quelle di Diocleziano (298-306), di cui è possibile ammirare i resti.

Rappresentazione assonometrica delle Terme di Caracalla




Le opere private: insula, domus e villa


All'interno degli isolati urbani che componevano la fitta trama del tessuto cittadino si articolavano diverse tipologie residenziali, distinte in base alla suddivisione gerarchica degli abitanti. Il tipo più popolare è costituto dall'insula, edificio a blocco con cortile interno ad alta densità abitativa (equiparabile all'attuale condominio), che in media si sviluppava su 4 livelli, ma che in numerosi casi raggiungeva i 6, 8 e 10 piani di altezza.

Il piano terra era destinato a ospitare le botteghe artigiane (tabernae), dotate di soppalco interno per il deposito dei materiali o il ricovero degli artigiani più poveri. I piani superiori erano composti di alloggi, di pregio sempre minore man mano che dal primo piano (ove erano ubicate le unità abitative migliori) si procedeva verso l’alto. Le insulae, realizzate in calcestruzzo rivestito esternamente di mattoni privi di intonaco, presentavano spesso solai e coperture sostenute da volte ed erano prive di servizi igienici (per l’igiene personale gli abitanti si servivano delle latrine pubbliche e delle terme).

Schema esemplificativo di insula romana



La domus costituiva l’abitazione indipendente della piccola e media aristocrazia romana. Aveva sviluppo orizzontale e rielaborava il modello della casa mediterranea, con la successione di ambienti diversi, ciascuno avente una propria funzione.

Lo schema distributivo della casa tipo era costituito da un ingresso (vestibulum), tramite il quale si accedeva all’atrium, ampia stanza centrale scoperta che aveva la funzione di illuminare gli ambienti circostanti attraverso un’apertura del tetto (compluvium) e di raccogliere l’acqua piovana in una cisterna posta al centro (impluvium). Intorno all’atrium erano dislocate le camere da letto (cubicula), le stanze di servizio (alae), lo studio del capofamiglia (tablinum) e la stanza per il culto religioso (lararium). La porzione retrostante della casa era occupata dall’hortus, il giardino domestico. Nelle dimore più prestigiose alla zona dell’atrium faceva da contraltare il peristilio, ampio giardino porticato attrezzato con alberi da frutto, giochi d’acqua, fontane e piscine, su cui si affacciavano la bibliotheca, il solarium e il triclinium (la sala dei banchetti).

Schema assonometrico di domus romana



La villa è la dimora più ricca e articolata dell’alta aristocrazia (dotata di giardini, portici, belvedere, terme, piscine e ninfei) e si differenzia in due diverse tipologie: la villa suburbana, localizzata al di fuori delle mura della città, utilizzata come residenza; la villa rustica, ubicata in aperta campagna e destinata ai lavori agricoli, occupata in modo permanente dai servi e abitata stagionalmente dalla proprietà.

Esempio tra i più autorevoli è Villa Adriana (118-138) a Tivoli, voluta dall'imperatore Adriano per sfuggire alla confusione e alla promiscuità di Roma.

Esempio di Villa romana