Arte barocca

Il termine «barocco» ha una genesi incerta: secondo alcuni autori esso deriva dal termine francese «baroque» (in spagnolo «barrueco» e in portoghese «barrôco») che nel Seicento indicava una perla di forma irregolare. In arte con la parola «barocco» si indica uno stile artistico che storicamente coincide con l’arte prodotta dagli inizi del Seicento alla metà del Settecento. Il termine in realtà verrà utilizzato solo dopo la fine di questo periodo, dagli scrittori di età neoclassica, con chiaro intento dispregiativo, per evidenziare i caratteri di irregolarità di questo stile.

In realtà il termine barocco, oltre ad individuare uno stile attuato in un periodo storico preciso, sembra contenere in sé una precisa categoria estetica universale che supera l’applicazione stilistica attuata nel Seicento e Settecento. Esso indica tutto ciò che è fuori misura, eccentrico, eccessivo, fantasioso, bizzarro, ampolloso, magniloquente, ma soprattutto che tende a privilegiare l’aspetto esteriore ai contenuti interiori.

Ricorrendo ad una teorizzazione dello storico austriaco Riegl, ogni periodo storico, o fase culturale, si svolge secondo una parabola suddivisa da tre fasi principali: una iniziale di sperimentazione, una intermedia che potremmo definire classica, una finale di decadenza. Se applichiamo questo schema all'arte italiana tra Quattrocento e Seicento, abbiamo che la prima fase corrisponde al momento iniziale del Rinascimento, quando innovatori e sperimentatori da Brunelleschi a Botticelli arrivano a definire i canoni di una nuova sensibilità estetica nonché di un nuovo stile. La seconda fase corrisponde all'attività dei grandi maestri a cavallo di Quattrocento e Cinquecento quali Leonardo, Raffaello e Michelangelo. Con essi il nuovo stile raggiunge la maturità e la perfezione: si raggiunge in pratica la fase «classica» dello stile rinascimentale, cioè di una perfezione assoluta che non sarà più messa in discussione da mode o oscillazioni di gusto. Infine la terza fase, quella di decadenza, coincide con il Manierismo ma soprattutto con il Barocco. «Barocco», quindi, diviene per antonomasia qualsiasi fase di decadenza di uno stile artistico il quale, dopo aver raggiunto la maturità, si deforma in applicazioni virtuosistiche ma fatue e stucchevoli e non di rado ripetitive.

Il giudizio critico nei confronti del barocco ha subito molte oscillazioni, ma un certo giudizio di negatività non è mai venuto meno nei confronti di questo stile, soprattutto perché la nostra cultura occidentale moderna, figlia dell’Illuminismo, nasce proprio dal rifiuto del barocco, ossia della cultura seicentesca in genere.

Le caratteristiche stilistiche che si attribuiscono al barocco in realtà si ritrovano essenzialmente solo nell’architettura e nelle arti applicate di quel periodo. Le arti figurative del Seicento e Settecento hanno proprie dinamiche ed esiti stilistici che raggrupparle genericamente nella definizione di «barocco» appare improprio. Così come è avvenuto per il romanico e il gotico, e come avverrà in seguito per il liberty e il post-modern, il termine, nato per definire uno stile architettonico, è stato utilizzato in maniera impropria, dal punto di vista stilistico, per individuare tutta l’arte del periodo al quale ci si riferisce. Così come non possiamo definire gotica la pittura di Giotto, solo perché ha operato tra XIII e XIV secolo, così non possiamo definire barocca la pittura di Caravaggio o di Rembrandt, solo perché la loro attività si è svolta nel XVII secolo.




Decorazione e illusione

Nell'età barocca si apre una separazione tra l’essere e l’apparire dove il secondo termine prende una sua indipendenza dal primo al punto che non sempre, o quasi mai, ciò che si vede è ciò che è. Viene a modificarsi, quindi, il rapporto fondamentale tra rappresentazione e conoscenza.

Durante l’età umanistica, la conoscenza attraverso i sensi aveva un valore positivo: cercando di capire ciò che si osservava si acquisiva una nuova comprensione del reale. Era un notevole progresso rispetto ad una conoscenza che in età medievale era ammessa solo come interpretazione simbolica delle sacre scritture. E in età umanistica artista e scienziato (anche se per quell'età è improprio usare questo secondo termine) potevano ancora essere la stessa persona. Nel Seicento ciò non è più possibile. La nascita delle scienze sperimentali e i progressi delle discipline matematiche hanno portato la conoscenza in ambiti diversi da quelli esperibili attraverso i sensi. Anzi, la conoscenza attraverso i sensi viene messa decisamente in crisi, se pensiamo a quanto questi possono essere fallaci come nel caso della sfericità della terra o del suo movimento rotatorio e di rivoluzione intorno al sole. In pratica non sono più i sensi, ma l’intelletto, la chiave di volta per accedere alla conoscenza del vero.

In questa inaspettata ma inevitabile evoluzione, l’arte finisce per restare confinata al rango di attività che controlla solo le apparenze, senza doversi più preoccupare del vero: diviene un’attività finalizzata unicamente al decoro. Ciò finisce per essere in linea anche con l’aspettativa del tempo, dove il problema del decoro, inteso come rappresentazione di sé nel contesto della società, diviene punto nodale della vita sociale del tempo. Ovvero, mai come in questo tempo, apparire assume un valore di fondamentale importanza e universalmente accettato.

L'evoluzione del rapporto chiesa-società a seguito della Controriforma e della imposizione di una ortodossia religiosa attraverso l’uso dei tribunali dell’Inquisizione e delle basi gettate dal moderno pensiero scientifico, generò conflitti con tra il pensiero religioso e quello scientifico, anche altamente drammatici, come nel caso di Galileo Galilei. Il Seicento non fu certo un secolo in cui era facile vivere, e «salvare le apparenze» poteva risultare molto vitale per la propria sopravvivenza, anche a costo della verità.

L'aumentata importanza data all'apparire era anche alimentata dall'aumento della ricchezza che investì l’Europa dopo lo sfruttamento delle colonie da parte delle nazioni più attive nelle conquiste militari, come la Spagna o l’Inghilterra o più attrezzate nei commerci marittimi e internazionali come i Paesi Bassi e il Portogallo. L’aumento di benessere ebbe come conseguenza un divario maggiore tra classi ricche (aristocratici, ecclesiastici, borghesi, militari e mercanti) e classi povere (contadini, artigiani e proletari in genere), e siccome l’arte rimase ad ovvio ed esclusivo servizio dei primi, non poteva che esaltare la loro condizione di decoro quale segno di potere ed importanza.

Se si entra in una siffatta mentalità è ovvio che la possibilità di controllare l’immagine, fino al limite dell’illusione, è un’attività molto apprezzata, ma di dubbie qualità etiche. Da qui uno dei capisaldi dell’arte barocca e della sua critica posteriore: non si è mai certi se ciò che si vede è vero o è solo un’illusione creata ad arte.




Lo stile barocco

Definire lo stile barocco non è molto difficile. Uno dei primi parametri è sicuramente l’uso privilegiato che si fece della linea curva. Nulla procede per linee rette ma tutto deve prendere andamenti sinuosi: persino le gambe di una sedia o di un tavolo devono essere curvi, anche se ciò non sempre può essere razionale. Le curve che un artista barocco usa non sono mai semplici, quali un cerchio, ma sono sempre più complesse. Si va dalle ellissi alle spirali, con una preferenza per tutte le curve a costruzione policentrica. Tanto meglio se poi i motivi si ottengono da intrecci di più andamenti curvi.

Un altro parametro stilistico del barocco è sicuramente la complessità. Nulla deve essere semplice, ma deve apparire come il frutto di un virtuosismo spinto agli estremi del possibile. In pratica l’effetto che un’opera barocca deve suscitare è sempre la meraviglia. Dinanzi ad essa si doveva restare a bocca aperta, chiedendosi come fosse possibile realizzare una cosa del genere.

Un altro parametro del barocco può essere considerato l’horror vacui. Con tale termine si indica quell'atteggiamento di non lasciare alcun vuoto nella realizzazione di un’opera. In un quadro, ad esempio, ogni centimetro della superficie veniva sfruttato per inserire quante più figure possibili. In una superficie architettonica non vi era neppure un angoletto piccolo e nascosto che non veniva stuccato con qualche cornice dorata o con qualche inserto di finto marmo. Ciò produce la sensazione che un’opera barocca abbia una «densità» eccessiva: una pietanza con troppi ingredienti.

Altro elemento tipico del barocco è ovviamente l’effetto illusionistico. Ciò è intimamente legato all'atteggiamento di considerare l’arte soprattutto come decorazione. Per cui i finti marmi o le dorature erano utilizzate in sovrabbondanza, per creare l’illusione di preziosità non reali ma solo apparenti. Ma l’effetto illusionistico è utilizzato anche in pittura e in scultura. Nel primo caso la grande padronanza tecnica della prospettiva consentiva di creare effetti illusionistici di grande spettacolarità, come avveniva spesso nelle grandi decorazioni ad affresco. In scultura la padronanza tecnica al limite del virtuosismo più esasperato, consentiva di imitare nel duro marmo aspetti di materiali più morbidi con effetti illusionistici straordinari.

Un ultimo parametro dello stile barocco è infine l’effetto scenografico. Le opere barocche, in particolare quelle architettoniche e monumentali in genere, costituiscono sempre dei complessi molto estesi che segnano con la loro presenza tutto lo spazio disponibile. In tal modo il barocco è la quinta teatrale per eccellenza che faceva da cornice alla vita del tempo, anch'essa regolata da aspetti e cerimoniali improntati a grande decoro.




Le arti figurative barocche

Lo stile barocco è stato uno stile prettamente architettonico, e in un certo qual senso anche le arti figurative sono più barocche quanto più sono in rapporto con l’architettura o con l’urbanistica. È quanto avviene soprattutto con le arti applicate (arredamenti e complementi di arredo in primis) che con l’architettura hanno un rapporto più diretto. Ma anche pittura e scultura, quando collaborano a creare uno spazio illusionistico e scenografico, acquistano il loro carattere più barocco. In effetti è soprattutto nei grandi affreschi che si ritrova la pittura barocca, mentre la scultura barocca è in particolare quella dei grandi monumenti urbani.

Nel corso del Seicento e del Settecento la costruzione di chiese e palazzi nobiliari aumenta vistosamente rispetto al passato. E fu soprattutto per questi contesti che avvenne la maggior produzione pittorica, sia ad affresco sia su tela. In particolare lì dove la pittura barocca assume caratteri più originali è nella decorazione delle volte. Il motivo è presto detto: sotto le volte si poteva creare effetti illusionistici di maggiore spettacolarità. Il prototipo di queste volte è quella realizzata nel 1639 da Pietro da Cortona per il salone di Palazzo Barberini a Roma, ma la più nota di queste composizioni è la volta nella Chiesa di Sant’Ignazio realizzata da Andrea Pozzo nel 1694.

Pietro Berrettini, detto da Cortona (1596-1669), nella sua attività di pittore ed architetto è stato uno dei grandi protagonisti dell’arte barocca a Roma. Tra le sue opere pittoriche più notevoli vi è l’affresco che egli realizzò nel salone di Palazzo Barberini. In questo affresco l’artista giunge ad un risultato di tale complessità scenografica, da proporsi quale la più matura e consapevole opera pittorica barocca realizzata a Roma. Su una base di finte membrature architettoniche, inserisce una quantità notevole di figure ed immagini senza rispettare in alcun modo le cornici da lui stesso fissate. Ne scaturisce un risultato che ha dell’incredibile. Lo spettatore non riesce in alcun modo a cogliere l’intera immagine con un solo colpo d’occhio: mentre mette a fuoco un particolare, ha la sensazione che tutto il resto gli crolli addosso. E così si finisce per passare da un punto all'altro con una sensazione di stordimento per l’eccessiva complessità dell’immagine. Anche in questo caso l’arte barocca raggiunge pienamente il suo scopo, che è quello di sbalordire grazie ad un illusionismo ottico che non ci fa più distinguere la realtà dalla finzione.
L’illusionismo ottico della volta Barberini di Pietro da Cortona, è sicuramente un modello di riferimento per questa altra celebre volta, realizzata da Andrea Pozzo (1642-1709), gesuita ma attivo come pittore. Nella chiesa romana dedicata a Sant’Ignazio realizzò la sua opera forse più celebre, con un affresco che inscena un trompe-l’oil di altissima fattura. Molto esperto nella tecnica prospettica, alla quale dedicò anche un trattato divenuto celebre per tutto il Settecento, utilizza le sue conoscenze per creare una finta prospettiva di colonne ed archi, così da dare l’illusione di uno spazio virtuale molto più profondo di quello reale. In questo spazio inserisce una notevole quantità di figure, posti ad altezze diverse, ma tutte viste coerentemente di scorcio dal basso verso l’alto. Ne deriva uno spettacolare affresco che colpisce lo spettatore sia per la grande abilità mostrata dal suo ideatore sia per la sensazione illusoria che è certamente di grande spettacolarità.

Le arti figurative realistiche e classicistiche

La corrente pittorica barocca condivideva il parterre dell'arte seicentesca con altre due correnti pittoriche più tradizionali:

  • La corrente del realismo, che ricerca il vero, in cui rientrano, in particolare, le maggiori esperienze europee del XVII secolo: quelle che si sviluppano in Olanda e in Spagna e nel regno di Napoli. Grandi interpreti di questa tendenza furono Rembrandt, Vermeer, Velazquez, solo per citare i maggiori.

  • La corrente del classicismo, che ricerca l'idea, in cui ritroviamo innanzitutto i pittori bolognesi diretti allievi dei Carracci quali il Guido Reni e il Domenichino, ma anche pittori francesi, ma attivi a Roma, quali Nicolas Poussin o Claude Lorrain.

Il modello realistico e classicistico si rifà allo stile di Michelangelo per la volta della Sistina, o di Annibale Carracci per la Galleria di Palazzo Farnese. Gli artisti realizzano le immagini come quadri tradizionali, sia in quadri, che in affreschi di pareti e soffitti.

Il modello assunto invece dai pittori barocchi è di concepire le immagini come viste dal basso verso l’alto (per i soffitti) o come profondità prospettica della parete (per gli affreschi sui muri), così da creare l’effetto illusionistico che il soffitto o la parete non c’è, e al suo posto vi è lo spazio virtuale creato dall'affresco. In questo secondo modello vengono molto accentuati gli effetti di scorcio e la costruzione prospettica dello spazio.

Così nei pittori rinascimentali che affrescavano le volte e i soffitti la prospettiva era una tecnica che rendeva chiaro e razionale lo spazio rappresentato, mentre nei pittori barocchi la prospettiva è usata per ingannare l’occhio e far vedere spazi che non esistono, in maniera illusionistica. Inutile dire che per usarla in questo secondo modo, bisognava conoscere la prospettiva in maniera perfetta ed essere dei virtuosisti nel suo uso. E tuttavia tutta questa «arte», o tecnica, era usata non per la verità ma per rendere apparentemente vero il falso. Questo è uno dei motivi di fondo che più ci danno l’idea della distanza che passa tra estetica rinascimentale e estetica barocca.

La scultura, non meno della pittura, si divide in queste tre correnti fondamentali, barocca, realistica e classicistica. Ma di certo la scultura di stile barocco, proprio per la sua maggior capacità di legarsi agli spazi architettonici e urbanistici, risulta quella che più segna l’immagine del secolo. Grandi monumenti, effetti teatrali e scenografici, virtuosismo e decoratività sono gli ingredienti che nascono soprattutto dal genio di Gian Lorenzo Bernini, che si può senz’altro considerare l’esponente più importante della scultura barocca.




Artisti del classicismo

Michele Ricciardi

Michele Ricciardi è un pittore esponente della corrente del realismo napoletano. Nacque a Penta nel 1672 e vi morì nel 1753, dopo aver svolto opere pittoriche su commissione in diversi religiosi in provincia di Salerno e Avellino.

La sua attività va dal 1694 al 1753, ed è caratterizzata dalle opere dipinte nei conventi, nei monasteri, nelle chiese del Salernitano e nell’Avellinese. Negli inventari delle opere d’arte conservate all’interno delle chiese, dei conventi e dei monasteri soppressi del Salernitano, ordinati dal R. D. del 30 aprile 1807, viene segnalato col nome di Abate Angelo Michele Ricciardi.

Ricciardi studiò le opere del Solimena nella vicina Solofra, a Nocera Inferiore, nella cattedrale di Salerno, nella chiesa di San Giorgio a Salerno, a Napoli nel Gesù Nuovo e nella chiesa di Donnaregina Nuova.

Dal 1711 lavorò in località Sant’Angelo dei Lombardi, nella chiesa di Santa Maria delle Grazie dove decorò il soffitto della stessa chiesa dedicata ai Santi Bartolomeo e Maria, con la tela intitolata L’Apoteosi di San Benedetto (1718), influenzato dalla cultura di G. Del Po.

  • Nel 1728, nel pieno della sua maturità artistica e informato sulle correnti artistiche napoletane, pur conoscendo le opere degli artisti irpini Solimena e Guarino, ispirandosi soprattutto alla sensibilità di Luca Giordano per le descrizioni particolareggiate di elementi decorativi e simbolici, affrescò la Cappella del Tesoro per custodire le reliquie di Sant'Ippolisto e dei suoi compagni martiri nello Specus Martyrum di Atripalda (AV).