Arte altomedioevale

Il periodo più antico dell'età medievale, detto Alto Medioevo è la fase storica che si sviluppa tra l'Età tardoromana (V secolo) e il X secolo. Dal punto di vista dello sviluppo stilistico rappresenta anche il momento di maggiore complessità di tutta l'età medievale, sia per la compresenza di culture e linguaggi diversi sia per gli intensi e continui scambi culturali.

L'arte altomedievale, nella sua fase iniziale, restò legata alla fase tardoromana e quindi prevalse la tradizione classica. Gradualmente, però, la componente classica si mescolò, a seconda delle occupazioni, con i nuovi influssi bizantini-orientali o transalpini-romanzi. Con gli influssi stranieri nacquero soluzioni espressive originali, che caratterizzarono l'arte altomedioevale in Italia.

In Italia i principali stili artistici dell'Alto medioevo sono:

  • la tradizione Classica, i cui artisti seguivano una tradizione ormai decadente;

  • l'arte Bizantina, di provenienza medio-orientale;

  • l'arte dei Goti

  • la corrente Longobarda, di provenienza centro-europea;

  • la corrente Carolingia, diffusa dai Franchi di Carlo Magno;

  • la corrente Ottoniana

Ognuno di essi era legato ad una diversa cultura e portò importanti valori che contribuirono alla formazione della civiltà europea e italiana. Proprio per questi motivi l'Arte altomedievale in Italia presentò una grande ricchezza di soluzioni espressive e tecniche in cui si intrecciarono tradizioni, linguaggi autoctoni, elementi esotici e innovazioni piene di conseguenze.

Questa diversità è evidente soprattutto nei vari centri italiani che si distinsero perché seguirono linee espressive diverse, con soluzioni molto caratterizzate e spesso uniche (scuole, botteghe ''specializzate''). Per cui nel corpus dell'arte altomedievale in Italia si trova una grande eterogeneità dialettale. I dialetti sono tanti linguaggi artistici legati al territorio e alle vicende storiche. Gli studiosi hanno scoperto che nell'Italia altomedievale il formarsi dei dialetti artistici corrispose a quello dei dialetti linguistici. Raggruppando questi dialetti per ''somiglianza culturale'' si possono identificare due blocchi, cioè due grandi aree culturali, corrispondenti alla divisione politica tra Impero d'Occidente e Impero d'Oriente e relative dominazioni.

  • l'area nord-occidentale, che comprendeva l'attuale Piemonte, Lombardia, Emilia, appartenente "prevalentemente" alla cultura e all'arte romanza, legate alla Francia e alla Germania, quindi alle correnti barbariche, soprattutto longobarda e carolingia, ma anche dei Goti e ottoniana;

  • l'area sud-orientale, che comprendeva l'attuale Veneto con Venezia, Aquileia e l'Esarcato (Istria, laguna veneta, Polesine e Romagna) e sud Italia (esclusa la Sicilia per il periodo della dominazione araba), legata "prevalentemente" alla tradizione classica e alla corrente bizantina.

Non è un caso che si è usato virgolettare l'avverbio "prevalentemente". Infatti di ognuna delle culture artistiche sopra esposte, tranne che in rari e importanti esempi, è difficile trovare in Italia opere di stile perfettamente puro. Generalmente ogni corrente prevaleva in un determinato luogo e momento storico, tanto che numerose località italiane ne risultano caratterizzate. Ma le influenze e gli scambi erano così frequenti che molto spesso si trovano opere di stile misto. Capitava spesso, infatti, che, sia per le continue invasioni, sia per gli spostamenti di maestranze e artisti, correnti diverse coesistessero nello stesso momento in uno stesso territorio o in una stessa città.

Roma, ad esempio, fu caratterizzata nel VII secolo da una compresenza di stili diversi.

La promiscuità consentì lo svilupparsi di momenti di assimilazione e sperimentazione nei secoli IX-XI, che segnarono il passaggio dall'Alto Medioevo al Basso Medioevo, da cui iniziarono a delinearsi nuove tendenze, legate ai modelli classici, bizantini, e alle influenze "barbariche" nord-europee, ma con risultati di grande originalità e valore estetico che poi confluirono nell'arte Romanica .

Una delle tecniche artistiche più utilizzate nell'alto medioevo era il mosaico, simile alla pittura perché si avvale degli stessi mezzi espressivi: il disegno e il colore, anche se la tecnica, il procedimento e il risultato visivo sono ben diversi. È diversa anche la concezione estetica, perché mentre la pittura è l'espressione diretta e immediata dell'artista, il mosaico nell'antichità e nel medioevo è un prodotto collettivo, mediato e spersonalizzato. E' una tecnica complessa che richiede l'opera di tanti artisti specializzati che formano dei gruppi chiamati maestranze.

Per realizzare un mosaico, in età altomedievale si usavano piccoli dadi di pietra o di pasta di vetro colorati, chiamati tessere, uniti in modo da formare figure e decorazioni. Per gli incarnati delle figure, si usavano spesso tessere di terracotta. La realizzazione seguiva tre fasi principali, ognuna assegnata a un diverso gruppo di specialisti:

  1. I Pictores imaginarii, gli ideatori dell'opera, studiavano i progetti e preparavano i disegni con la composizione d'insieme e le singole figure.

  2. I Pictores parietarii , i disegnatori, preparavano le pareti con stucco o intonaco e poi riportavano i disegni degli ideatori sulle pareti (sinopia), adattandoli alle caratteristiche dei muri (con i cambiamenti necessari).

  3. I Pictores musivarii , i mosaicisti, che apponevano le tessere su un secondo strato di intonaco e malta, seguendo il disegno e i colori indicati dalle fasi precedenti, apportando, laddove necessario, ulteriori modifiche.

Di qui la spersonalizzazione dell'opera musiva, da intendersi come lavoro collettivo di una maestranza.

L'ideatore era chiamato maestro e a lui andava il merito e la paternità dell'opera. Era anche il meglio pagato, anche se il risultato finale dipendeva molto dall'apporto di ciascuna maestranza.



Arte bizantina

Nel 330 con l'Imperatore Costantino l'antica Bisanzio divenne la nuova capitale dell'Impero con il nome di Costantinopoli, anche se gli imperatori non vi risiedettero in maniera stabile fino alla fine del IV secolo. La scelta di Costantinopoli come capitale fu dovuta soprattutto al prestigio indiscusso della città, punto di cerniera tra Oriente europeo e Oriente asiatico, centro commerciale e culturale di grande importanza e punto di riferimento per tutto il Mediterraneo. Da quel momento l'antica città sul Bosforo iniziò la sua trasformazione arricchendosi per oltre due secoli di sontuosi monumenti il cui valore è ricordato da tante fonti antiche.

Con Costantino in pochi anni la nuova capitale rifiorì e prese forma come la Nea Roma, in un grandioso piano urbanistico e monumentale.

Purtroppo del grandioso sviluppo urbanistico di Costantino non rimane più nulla, ma il suo pregetto venne portato avanti dopo la sua morte dal suo successore Costanzo II, tra il 337 e il 361.

I successori di Costantino come Teodosio I e Arcadio proseguirono l'opera di trasformazione della capitale.

Nel 395 morì Teodosio il Grande e l'immenso impero romano venne diviso in 2 parti, assegnate ai suoi figli e successori:

  • Impero d'Oriente con capitale Costantinopoli assegnato ad Arcadio.

  • Impero d'Occidente con capitale Ravenna, assegnato ad Onorio.

In seguito alla divisione dell'Impero, dopo la morte di Teodosio, sian nell'Impero d'Oriente che nell'impero d'Occidente si sviluppò un nuovo linguaggio espressivo, originale nelle forme e nei contenuti: l'arte bizantina, che venne considerata l'espressione ufficiale dell'Impero e la continuazione del linguaggio aulico romano.

Se però dei monumenti prodotti nell'Impero d'Oriente nel IV e V secolo rimane ben poco, a causa delle distruzioni dovute ai disordini sociali che si conclusero con la sanguinosa rivolta di Nika del 532, quando i partiti popolari si rivoltarono contro il governo assolutistico di Giustiniano, nell'Impero d'Occidente Onorio sottopose Ravenna alla reggenza di Galla Placidia nella prima metà del V secolo.

In questo periodo l'arte bizantina ravennate conobbe una fase di transizione: presentava forti legami con la tradizione tardo-romana, assumendo connotati più classicheggianti, naturalistici, più concreti, più realistici. Nei mosaici si possono notare gli effetti di profondità, un certo dinamismo nelle pose, il cielo azzurro e i dettagli paesaggistici.

L'impero d'Occidente durò fino al 476, con l'ultimo imperatore Romolo Augustolo, sconfitto dal barbaro Odoacre, che spedì le insegne imperiali all'imperatore d'oriente Zenone, dichiarando di volersi mettere al suo servizio. Contro di lui venne mandato Teodorico, re degli Ostrogoti, che lo sconfisse nel 488 e creò in Italia un regno romano-barbarico con l'appoggio dell'aristocrazia romana. Ravenna divenne la prima capitale del regno goto con Teodorico dal 493 al 526, anno della sua morte. Gli successe la figlia Amalasunta, che governò con molte difficoltà, per nove anni, finché non venne uccisa.

L'età di Teodorico vide associare le componenti classiche ad alcuni elementi cosiddetti "barbarici", cioè appartenenti alla cultura propria degli Ostrogoti, come ad esempio alcuni aspetti decorativi che derivano soprattutto dall'oreficeria e dall'arte dei metalli. Divennero motivi decorativi gli strumenti utilizzati per la lavorazione delle armi ostrogote come le "tenaglie".

Nel 535, Giustiniano, imperatore d'oriente, cercò di ricomporre l'unità dell'impero: l'Occidente era ancora diviso tra i barbari. Nel 535 iniziò la guerra gotico-bizantina. Nel 540 il generale Belisario conquistò Ravenna. Il successore di Belisario, Narsete, sconfisse i Goti in modo definitivo nel 554. Nacque l'unico Impero bizantino, con capitale Bisanzio, sotto Giustiniano, vero continuatore di Augusto e degli antichi fasti della Roma imperiale. Giustiniano inviò a Ravenna l'arcivescovo Massimiano per riorganizzare il territorio. Così, l'Italia divenne una delle province dell'impero riunificato, sotto il comando di un esarca, che risiedeva a Ravenna. Il territorio governato dall'esarca si chiamava esarcato.

Giustiniano avviò in tutto l'impero un ultimo grande programma di rinascita culturale ispirato ai modelli antichi. Era la cosiddetta Rinascenza, una forma di grandiosa propaganda a sostegno della sua politica di riunificazione dell'Impero. La gran parte dei monumenti e delle opere che ancora oggi possiamo ammirare appartengono all'opera di Giustiniano e dei suoi successori. Bisanzio rimase capitale dell'Impero bizantino ancora per molto tempo, fino al 1453 quando cadde sotto la conquista degli Ottomani.

La città di Ravenna, essendo stata capitale, e rimanendo la sede del potere politico, in questi due secoli venne trasformata da numerosi interventi artistici. Visse un secondo e più grandioso momento di splendore, fino alla discesa in Italia dei Longobardi, nel 568.

Nell'età giustiniana (VI sec.) prevalse in tutto l'Impero la componente espressiva orientale. Ciò comportò una forte tendenza all'astrazione e al simbolismo, un gusto più fantastico, dove gli elementi espressivi erano legati a significati particolari e quasi esclusivamente religiosi. Forme e composizioni si fecero sempre più essenziali e immateriali, le immagini rinviavano a un mondo trascendente, di valori metafisici. Ogni elemento visivo (colori, forme, motivi decorativi, geometrie, numeri ecc.) assunse un particolare significato e caricò di fascino e mistero questo linguaggio raffinatissimo, il cui senso profondo poteva essere colto da pochi eletti.

Caratteristico mezzo artistico di tutte le fasi dell'arte bizantina rimase il mosaico.

La tecnica espressiva che connota generalmente un mosaico bizantino in età giustiniana dà all'opera un'estetica aulica, ricercata e raffinata ed è caratterizzata da:

  • simmetria della composizione;

  • figure frontali, immobili, con lo sguardo fisso, prive di espressione, se non una serenità molto distaccata;

  • forme stilizzate, tendenti alla geometria;

  • assenza di volume: le figure sembrano ritagliate e piatte;

  • sfondo dorato, irreale, anti-naturalistico;

  • scarsa attenzione per i particolari preziosi e decorativi;

  • immagini altamente simboliche (mano-Dio, semicerchi blu-sfere celesti, oro-presenza divina, fuoco-martirio, modello chiesa-consacrazione, ecc...)

  • astrazione dei contenuti.



Arte barbarica

I popoli che occuparono i territori dell'Impero Romano d'Occidente, di natura guerriera e nomade, concentrarono le loro espressioni artistiche soprattutto nell'arte mobiliare e nei monumenti funerari. I longobardi, ad esempio, avevano saputo sviluppare con grande maestria le tecniche di lavorazione del metallo e dell'oreficeria, producendo oggetti mobili, armi e ornamenti di fattura particolarmente pregiata. Introdussero un gusto molto decorativo, caratterizzato da ricchezza ornamentale e policromia.

Una delle nuove tecniche introdotte da questi popoli fu il cosiddetto stile policromo che consisteva nell'incastonatura delle pietre preziose in alvei realizzati in lamina d'oro nella produzione dei gioielli. Le pietre intagliate e levigate, soprattutto nei colori caldi della gamma dal rosso all'arancio come i granati e gli almandini, ornavano i loro oggetti preziosi sia in celle isolate sia inserite in una rete di alvei fino a ricoprire intere superfici.

Alcune fibule di arte barbarica ed una spilla a forma di mosca (Firenze, Museo Nazionale del Bargello)

In particolare gli Ostrogoti inventarono la tecnica del Cloisonnè: sottili lamine d'oro o argento, a forma di piccoli nastri, formavano cellette che venivano riempite con smalti, paste vitree variopinte o pietre tagliate e appiattite. Tale tecnica caratterizzava molto l'arte gotica.












Fibula ostrogota a forma di aquila. Oro e gemme, fine V sec. d.C. Germanisches Nationalmuseum, Nürnberg.

I Longobardi elaborarono, invece, la raffinata tecnica dell'agemina, soprattutto per decorare le loro armi, come le spade e i pugnali: incidevano la superficie di ferro con disegni ornamentali e riempivano i solchi battendo a freddo sottili lamine d'oro, argento o rame, creando contrasti di grande effetto tra la lama scura e la lucentezza dei metalli preziosi.









Oggetti longobardi in ferro decorati ad agemina in argento e ottone (Museo di Castelvecchio a Verona)
L'Evangeliario di Lorsch (Codex Aureus di Lorsch) è un vangelo miniato redatto tra il 778 e l'820 ed è tra i capolavori della miniatura carolingia. È conservato presso la Biblioteca apostolica vaticana

L'arte Carolingia si specializzò nell'oreficeria, nella lavorazione del bronzo e dell'avorio, oltre nella lavorazione di miniature. Fu delineata nell'ambito del programma culturale e politico di Carlo Magno, tra la metà dell'VIII secolo e la fine del X. Carlo Magno provocò una rinascita artistica che si diffuse in Europa occidentale e in Italia. Questa sua volontà di rinnovamento, basata sulla ripresa della cultura classica, in opposizione all'islamismo e alle culture barbariche, nacque dal fascino subìto dal re franco quando giunse in Italia nelle sue imprese di guerra. Gli antichi monumenti romani e l'élite culturale con cui venne in contatto lo coinvolsero al punto tale da avviare il grande programma di riforma cui lui stesso diede il nome di Renovatio Romani imperii.

L'arte carolingia nacque nei centri del potere imperiale, dove risiedeva Carlo e la sua corte (ad Aquisgrana, a Nimega, a Ingelheim) e nei grandi monasteri in rapporto con l'imperatore e la sua famiglia, in Francia (Saint-Denis, Reims, Metz, Saint-Riquier, Tours, Magonza, Lione), in Germania (Fulda, Reichenau, Lorsch), in Svizzera (San Gallo e San Giovanni a Mustair) e in Italia settentrionale (Milano). Caratteristica dell'arte carolingia fu la forte impronta classica intrecciata alla permanenza di influssi celtici e bizantini.

Accanto all'architettura e all'iconografia romana, venne sviluppata la grande pittura murale, in gran parte scomparsa, che prevedeva cicli di affreschi con soggetti religiosi per gli edifici sacri e soggetti storici e mitologici per i palazzi. Anche gli esempi di scultura rimasti o fino a noi sono rari ma sappiamo da antichi documenti che era largamente impiegata soprattutto con opere in pietre, stucco e bronzo.

L'arte Ottoniana fiorì sotto il dominio degli imperatori di Sassonia, da Ottone I (936) a Enrico II (1024) fiorisce l'arte Ottoniana. Era una cultura artistica raffinata, che si sviluppò fino alla fine dell'XI secolo, nell'area compresa tra le valli del Reno e della Mosa, Ratisbona, Bamberga, il lago di Costanza e Milano.

Lo stile è caratterizzato da una componente classicheggiante, vicina alla corrente Carolingia, ma sulla quale si manifesta una resa decisamente espressionistica. Accanto ai celebri capolavori di architettura, scultura e pittura, questa corrente produsse anche notevoli opere di oreficeria e arti applicate alla filigrana e alla produzione di tessuti pregiati con ricami in oro.

Accanto ai celebri capolavori di architettura, scultura e pittura, questa corrente produce anche notevoli opere di oreficeria e arti applicate. In questo ultimo gruppo è compresa la celebre Corona del Sacro Romano impero, conservata a Vienna.


Laboratorio monastico della Reichenau. Corona del Sacro Romano Impero. 962 ca. Oro, pietre preziose, perle e smalti. Vienna, Kunsthistorisches Museum
Maestà di Sainte-Foy. Statua-reliquiario in oro e pietre preziosse. secc.IX-X. Conques, Abbazia di Sainte-Foy

In Europa, l’oreficeria conobbe un enorme sviluppo in seguito alla caduta dell’impero romano e alla successiva dominazione dei popoli barbari, i quali, in relazione al loro nomadismo, tendevano a trascurare la pittura, la scultura e l’architettura (più destinati a popoli stanziali), dedicandosi all'arte dei metalli e dell’oreficeria, con la quale forgiavano oggetti anche facilmente trasportabili.

L’arte dei barbari è anticlassica e decorativa. Essi utilizzavano soprattutto la deformazione in chiave espressiva e non seguivano i canoni proporzionali della tradizione classica. Svilupparono uno stile altamente ornamentale in cui la linea era uno dei principali elementi. Accanto al linearismo è presente il colore, espresso dalle gemme preziose e dagli smalti, ma anche dalle superfici trattate con complesse e decoratissime lavorazioni: come i già citati cloisonnè, la filigrana la granulazione, lo sbalzo. Il risultato è quello di opere originali, dove il tradizionale horror vacui si traduce in una raffinatissima e ricca decorazione.

Durante l'VIII secolo le popolazioni barbariche si accostarono al gusto classico e ripresero le antiche tecniche artistiche e culturali. Ciò accade, come abbiamo visto, soprattutto durante la dominazione di Carlo Magno, il quale creò la Schola Palatina, che si rifece chiaramente alle antiche scuole dei Greci.

Le conseguenze della mutata situazione culturale si riscontrano nei prodotti artistici: sotto il dominio di Carlo Magno, infatti, le composizioni nei rilievi in oro e argento si trasformano da geometriche a figurative, e la figura dell’uomo riacquistò la sua importanza e le sue proporzioni.


L'oreficeria ottoniana rappresenta il vertice più alto, in termini di qualità, dell'oreficeria altomedievale. Ciò è dovuto non soltanto all'evoluzione della perizia tecnica dei maestri orafi, ma soprattutto all'intensificarsi dei rapporti tra l'Occidente e Bisanzio, riflettendo quella sorta di sinergia culturale in armonia con la politica di unificazione dei due imperi, invano perseguita con il matrimonio tra Ottone II e la principessa bizantina Teofano.

Lo stile ottoniano, rispetto alla visione più sobria e classicheggiante dell'arte carolingia, intrecciava alle riminescenze classiche il simbolismo e le raffinate soluzioni bizantine, ed elaborò una versione più espressionistica e decorativa.

L'oro, materia preziosa, simbolo della fusione del potere terreno "imperiale" con il significato "divino" della tradizione bizantina, consentiva di esprimersi in opere di alto valore artistico ed economico.

Alcune delle tecniche per lavorare i metalli usate dai maestri ottoniani avevano origini molto antiche, risalenti addirittura agli antichi Egizi.

La tecnica della lavorazione a sbalzo consisteva nel battere con un martello e strumenti dalla punta arrotondata o di altre forme, una figura su una sottile lamina di metallo appoggiata su un panno morbido. La lavorazione veniva condotta dal rovescio, in incavo, in modo che al dritto la stessa figura apparisse "sbalzata" in rilievo, inclusi gli spazi interni. Un altro tipo di sbalzo era quello su matrice, che consentiva una lavorazione più facile e la produzione seriale. Nello sbalzo su matrice la lamina metallica veniva appoggiata ad un rilievo (già scolpito) in pietra e battuta con un martellino per farlo aderire perfettamente e prendere la forma come in uno stampo. Lo sbalzo su matrice era una tecnica molto antica, ed ebbe un ruolo importante per la preparazione di matrici per la stampa.

Un'altra tecnica utilizzata, che deve la sua origine agli Egiziani e che viene usata ancora oggi è la tecnica del niello, che consiste nell’incidere una figura su una piastra di metallo chiaro con uno scalpello e nel riempire le incisioni con una polvere fine formata da zolfo, rame, piombo e argento. Nella fase successiva, la piastra viene riscaldata, affinché la polvere si sciolga e si saldi all'interno dei solchi, lasciando una traccia nera, che mette in risalto il disegno.

La tecnica che però si diffuse maggiormente dell'arte orafa ottoniana era la tecnica della filigrana, molto usata anche dagli Etruschi, che consisteva nell’intrecciare sottili fili d’oro e d’argento, saldandoli per formare oggetti molto raffinati come bracciali e collane.

Dei pochi affreschi dell'arte barbarica che si sono conservati con il tempo, si nota lo stridente contrasto con la tipologia espressiva dell'arte bizantina mosaicale.

Gli affreschi barbarici caratterizzati da:

  • composizione simmetrica;

  • figure non perfettamente immobili,

  • ricerca di movimento e di espressione: cominciano a girarsi, muoversi, piangono, soffrono, i soldati sono addirittura deformati per sottolineare l'azione.

  • rappresentazione gerarchica (dimensioni corrispondenti all'importanza);

  • assenza di dettagli decorativi e attenzione alla chiarezza espressiva;

  • ambientazione fedele alle sacre Scritture (rocce, cielo scuro, come è descritto nel Vangelo) volontà di ricostruzione della storia sacra;

  • colore non irreale, ma esasperato, in funzione espressiva, con accostamenti violenti quando occorreva sottolineare la drammaticità della scena.

Olevano sul Tusciano, Grotta di San Michele, Battesimo di Cristo, affresco, IX secolo