Ceramica
Storia della ceramica
La parola ceramica deriva dalla parola greca kèramos che significa "argilla": infatti la ceramica è un impasto di argilla e acqua, modellato e cotto grazie al fuoco.
I resti di ceramica più antichi al mondo si trovano in Cina, nella grotta di Yuchanyan, a Hunan. Con il metodo del carbonio-14 sono stati datati intorno al 17100-15400 a.C. Altri reperti, ritrovati in Giappone a Yamamoto, nei siti di Simomouchi e Odai, sono stati datati intorno al 17000 e 15000 a.C. Erano manufatti realizzati a mano, per uso pratico (generalmente per contenere cibo solido e liquidi) e solo successivamente fu introdotto il tornio, che consente di ottenere facilmente oggetti aggraziati e di perfetta simmetria rispetto all'asse di rotazione.
La ceramica divenne artistica a partire dal III millennio a.C. Nel territorio dell'antica Anatolia sono stati ritrovati i primi esempi di ceramica dipinta e nei territori siriaci sono stati ritrovati manufatti molto curati nelle forme e nelle anse (manici ricurvi).
La verniciatura vetrosa fu introdotta a partire dal II millennio a.C. in Mesopotamia: oltre a migliorare la resistenza all'usura dei manufatti, dona apprezzabili caratteristiche estetiche.
L'antica Grecia apprese la tecnica della ceramica dalla civiltà minoico-micenea. Dal VI al V secolo a.C. Atene dominò i mercati con la sua produzione di vasi. Sorsero anche altre fabbriche locali in Beozia, Etruria, Magna Grecia e Sicilia.
In età augustea si diffuse la ceramica aretina, con decorazione a rilievo. A questa seguì in tutto l'Occidente romano la ceramica a rilievo detta "terra sigillata", che rimase in uso fino al termine dell'impero.
A partire dal VIII secolo d.C. la ceramica subì una vera e propria rivoluzione produttiva, con la scoperta in Cina della porcellana.
Intorno all'anno mille gli Europei, nel tentativo di imitare i prodotti orientali, produssero la maiolica.
Nel tardo Medioevo le ceramiche venivano realizzate con il tornio, cotte al forno e impermeabilizzate con una vernice vetrosa. Dopo il XIII secolo l'Italia peninsulare sviluppò i maggiori centri di produzione: Forlì, poi superata dalla vicina Faenza, Pisa, Siena e Orvieto, mentre più a sud si affermò Ariano; la produzione siciliana si concentrò invece a Caltagirone.
Nel XV secolo si elaborarono varie forme decorative, sia per la coloristica sia per le cosiddette storie o racconti descritti e raffigurati. Una produzione ceramista rappresentativa di questo periodo è quella del celebre servizio realizzato da Nicola d'Urbino per Isabella d'Este e per la corte dei Gonzaga.
Il secolo XVII fu al centro di una grande importazione di prodotti cinesi che influenzò il gusto europeo.
Solamente agli inizi del Settecento l'alchimista tedesco Böttger a Meissen riuscì ad avvicinare la maiolica europea alla più dura porcellana cinese, grazie alla scoperta del caolino, roccia terrosa costituita da caolinite.
Verso la fine dell'Ottocento, con la rivoluzione industriale, anche la produzione di ceramica fu sottoposta ai processi di industrializzazione. In Italia, nel modenese, si mise a punto una tecnica che permise di aumentare la produzione di piastrelle, all'epoca in uso quasi solo in cucina e in bagno.
Negli anni cinquanta del Novecento si introdussero altre consistenti migliorie nella lavorazione della ceramica, quali la pressa automatica e il forno a tunnel. Con queste varianti alla produzione si riuscì a raggiungere una produzione su scala medio-larga, necessaria a sostenere un mercato in forte espansione. Ma è negli anni sessanta e settanta che il mercato della ceramica in Italia conobbe una vera impennata, grazie anche alla completa automatizzazione della produzione industriale in tutte le sue fasi e alla introduzione di un nuovo macchinario: l'atomizzatore, che consentì di sostituire i filtri pressa usati nella preparazione ad umido degli impasti.
Dagli anni ottanta in poi, infine, per aumentare la produzione ceramista ci si è concentrati soprattutto sulle tecniche di cottura veloce e sulla riduzione dell'impatto ambientale della produzione. Da pochi anni vengono utilizzati anche per la costruzione di dischi per impianti frenanti, mescole di carbonio e ceramica, in grado di diminuire l'effetto del fading (ovvero di fusione del freno per effetto delle alte temperature indotte dall'attrito); infatti le mescole di carbonio e ceramica hanno un punto di fusione molto elevato, che non viene mai raggiunto anche nelle situazioni di guida più estreme, rendendo la durata del freno illimitata.
La produzione delle ceramiche
Il ciclo produttivo della ceramica prevede vari passaggi, a seconda del risultato che si desidera ottenere e a seconda che la produzione sia artigianale o industriale.
La materia prima
Alla base dei materiali ceramici c’è l’argilla, una tipo di roccia sedimentaria che si è formata a partire dall'erosione di rocce preesistenti da parte della pioggia e dei fiumi. Quest'ultimi trasportano le particelle finissime di queste rocce a valle e qui si accumulano nel corso di milioni di anni formando diversi strati di argilla di qualità diversa in base alle rocce di provenienza. L'argilla più pura e pregiata è il caolino, con il quale si realizza la porcellana, di origine cinese.
Allo stato naturale l'argilla ha l'aspetto di una terra, ma una volta impastata con acqua diventa plastica (cioè può essere modellata) e conserva la forma che le viene data se la si lascia asciugare al sole o la si cuoce in un forno. Una volta essiccato il prodotto modellato diventa più resistente.
All’argilla si possono aggiungere sgrassanti (che aiutano nella fase di modellazione essendo l'argilla pura molto scivolosa) e fondenti (che abbassano la temperatura di cottura).
L'argilla non è direttamente utilizzabile per il processo se si trova ancora al suo stato naturale. Deve essere dapprima ripulita dalle impurità e per ottenere questo si procede a una prima fase di stagionatura, poi viene sciolta in acqua per la lavatura, che causa la dispersione dei sali solubili, infine viene sottoposta a depurazione per eliminare le residue impurità e soprattutto per affinarla, togliendo le particelle a granulometria più grossolana.
La modellazione
Selezionata e ripulita, l'argilla viene finalmente impastata. Questa fase tende a eliminare eventuali bolle d'aria e a renderla compatta, per prevenire il formarsi di crepe nel prodotto finito. All'impasto si aggiunge, talvolta, della "chamotte", ovvero polvere ottenuta dalla macinazione della ceramica precedentemente cotta, con lo scopo soprattutto di rendere il prodotto resistente agli sbalzi repentini di calore.
Dopo l'impastatura l'argilla viene modellata. Le tecniche di modellazione sono varie e sono state introdotte nel corso dei secoli.
La modellazione a mano libera è la più antica: si prende una porzione di argilla e, con il solo uso delle mani, si modella la forma desiderata. È possibile avvalersi dell'ausilio di alcuni strumenti, come le stecche o gli occhielli per le rifiniture dell'oggetto modellato.
La modellazione a colombino è anche nota con il nome di modellazione a lucignolo, e prevede la preliminare modellazione di colombini di argilla, ovvero di sigari allungati, ottenuti arrotolando l'argilla con le mani. I colombini così ottenuti vengono disposti poi gli uni sopra gli altri, vengono uniti fra di loro e infine vengono lisciati per ottenere una superficie compatta. Con questa lavorazione, ugualmente antica, si modellano soprattutto vasi e ciotole.
La modellazione a lastre prevede la preliminare modellazione dell'argilla in lastre, ottenute o tagliando il pane d'argilla con un filo o stendendo il pane d'argilla con un matterello. Successivamente le lastre vengono tagliate a stampo e poi giuntate tra loro anche con l'aiuto di incisioni.
La modellazione al tornio (tornitura) è usata soprattutto per la produzione di vasellame, per la quale è richiesta una simmetria rispetto all'asse di rotazione. Il tornio è formato da un supporto girevole, simile ad un piatto la cui velocità viene stabilita tramite un pedale, come nel tornio antico, o tramite motorino regolato da reostato, ai giorni nostri. Si pone una data massa di argilla al centro del piatto girevole, avendo cura di posizionarla perfettamente in centro. Quindi si modella con uso delle mani o di altri strumenti mentre si regola la rotazione del tornio stesso. La massa di argilla che si è deciso di usare all'inizio deve essere sufficiente a formare tutto l'oggetto, dal momento che non è possibile aggiungerne in corso d'opera senza pregiudicare la forma data con la modellazione. Per vasi di grandi dimensioni, con altezze e diametri superiori agli 80 cm è comune la pratica di aggiungere colombini di terra all'oggetto in formatura e proseguire nella lavorazione per raggiungere dimensioni notevoli.
La modellazione a stampo prevede la preparazione preliminare di uno stampo in gesso, che replica l'oggetto che si intende riprodurre. Quindi vi si cola dentro argilla liquida chiamata anche colaggio e dopo un tempo adeguato in cui il gesso fornisce all'oggetto sufficiente spessore, assorbendo l'acqua del colo, il colaggio superfluo viene versato e si attende pazientemente che l'oggetto asciughi. Viene quindi estratta dallo stampo e rifinita a mano. Altro tipo di formatura con stampo in gesso avviene su lastre di argilla di circa 10/15 mm di spessore: si procede fornendo una pressione omogenea con lo stampo all'impasto argilloso per non variare gli spessori dell'oggetto da riprodurre sino a coprire tutta la superficie dello stampo. Infine, un altro procedimento di modellazione a stampo prevede l'utilizzo di argilla più dura, che viene frapposta a due matrici di stampo, una maschio e una femmina, e una che si incastra sull'altra lasciando all'interno il vuoto che viene occupato dall'argilla; gli stampi si montano su una macchina che si chiama pressa, ponendoli uno di fronte all'altro, con una dose di argilla sufficiente per foggiare l'oggetto quando la macchina inizia il suo ciclo: le due superfici si avvicinano e foggiano l'argilla all'interno dello stampo.
L'essiccazione
Qualunque sia la tecnica di modellazione adottata, è necessario che i manufatti in argilla essicchino completamente all'aria. A questa fase va dedicata una particolare cura. Una essiccazione omogenea e uniforme è garanzia di durevolezza dell'oggetto finito e soprattutto della coerenza della sua forma: un'essiccazione non uniforme può generare deformazioni. L'essiccazione, infatti, consente all'oggetto di perdere l'umidità residua e la sua plasticità, fissando definitivamente la forma che si è inteso dargli.
Dopo un certo periodo di essiccazione, che dipende da diversi fattori; il tipo di argilla usata, la grandezza e spessore dell'oggetto e la temperatura ambientale, l'argilla raggiunge lo stadio adatto ad essere incisa e decorata. Tale stadio è detto stadio della durezza cuoio, in cui l'argilla è già indurita, ma mantiene ancora una certa residua plasticità.
La cottura
Terminata la delicata fase dell'essiccazione, si procede con quella della cottura. Questa avviene in forni appositi, che raggiungono temperature comprese tra 800 °C e 2000 °C. Il processo può durare anche molte ore. È infatti necessario che la temperatura segua curve di crescita e decrescita graduali e prestabilite, e che tutte le varie fasi abbiano una durata prestabilita. In seguito alla cottura il prodotto subisce un'ulteriore riduzione di volume.
Nelle diverse fasi della cottura avvengono varie trasformazioni:
tra la temperatura ambiente e 200 °C si elimina l'acqua igroscopica residua nell'impasto e quella contenuta da alcuni sali, come ad esempio il gesso;
tra i 250 °C e i 350 °C le materie organiche vanno in combustione: viene liberata l'acqua zeolitica chimicamente combinata;
tra i 450 °C e i 850 °C si decompongono i minerali delle argille, liberando l'acqua reticolare;
a 850 °C si decompongono i carbonati (decarbonizzazione) e si ossidano i solfuri.
La presenza di ossigeno in camera di combustione determina il degrado delle sostanze organiche presenti, nonché l'ossidazione delle sostanze minerali. Il manufatto assume un color rosso ruggine per azione dell'ossigeno (ossidante) sul ferro. Raggiungendo le seguenti temperature, si ottengono, infine i seguenti prodotti ceramici.
Tra i 960 e 1030 °C: la terracotta.
Dopo il processo di cottura presenta una colorazione che varia dal giallo al rosso mattone, grazie alla presenza di sali o ossidi di ferro. La presenza di ossido di ferro, oltre a dare il colore tipico, migliora anche la resistenza meccanica della ceramica cotta, contribuendo alla vetrificazione e quindi riducendo la porosità del manufatto. Grazie alla sua stabilità, alla resistenza all'invecchiamento, e alla leggerezza che deve alla sua porosità, la terracotta è il più diffuso materiale da costruzione, chiamato con il nome di laterizio. È utilizzata sia senza rivestimento superficiale che con rivestimento. Le prime come ceramica strutturale e ornamentale: laterizi, vasi, brocche, ecc; le seconde anche come vasellame da cucina: tazze, piatti.
Tra 960 e 1070 °C: la terraglia tenera.
Tra i 1100 e 1200 °C i feldspati contenuti nell'argilla fondono e si ottiene la vetrificazione.
Tra 1050 e 1150 °C: la terraglia dura
Tra 1200 e 1300 °C: il gres. Il gres è un prodotto fortemente vetrificato, impermeabile e poco poroso, ottenuto per mescolanze argillose naturali che producono ceramiche dette, appunto, greificate. Prodotti quali il klinker, il ball clay, e il fire clay appartengono a questa famiglia. Il grès è utilizzato soprattutto per produrre mattonelle per i bagni e le cucine. I colori variano a seconda dei composti ferrosi presenti. Per ottenere grès bianchi si utilizzano impasti artificiali a base di argille cuocenti bianche e rocce quarzoso-feldspatiche che inducono la greificazione della massa. Possono essere smaltate: come per tutte le altre ceramiche.
Tra 1200 e 1300 °C, previo utilizzo di caolino: la porcellana tenera. A questo stadio, oltre alla vetrificazione, si ottiene sia la traslucidità che l'impermeabilità. La porcellana è considerata il più alto livello di produzione ceramica per gli orientali. Il caolino conferisce le proprietà plastiche e il colore bianco della porcellana; il quarzo è il componente inerte e svolge la funzione di sgrassante (inoltre consente la vetrificazione); infine il feldspato che viene definito fondente, perché, fondendo a temperature più basse del caolino, abbassa notevolmente la cottura dell'impasto ceramico (1280 °C).
Tra 1300 e 1400 °C: la porcellana dura. È di solito di uso industriale.
Tra 1400 e 1700 °C: la Ceramica High-Tech, che si ottiene previo utilizzo di sostanze aggiuntive, quali caolino e allumina.
Smaltatura e decorazione
Ci sono molti modi di decorare e colorare la ceramica, anche in relazione al tipo di risultato che si desidera ottenere. Le tecniche possono ricondursi a tre tipi essenziali.
L'ingobbio è una tecnica di decorazione che prevede l'utilizzo di specifici colori composti da argille già cotte e finissimamente triturate, caolino, sostanze minerali e ossidi. Sono, di fatto, smalti adatti a poter venire applicati sull'oggetto essiccato, ma ancora crudo e da cuocere. Questo permette di cuocere l'oggetto una sola volta, dal momento che questi colori particolari tollerano l'alta temperatura cui si sottopone la ceramica. L'ingobbio non è una tecnica largamente diffusa, essendo costosa e dalle tinte tenui.
La vetrinatura utilizza un rivestimento di tipo vetroso, impermeabile e lucido, usualmente trasparente, solo occasionalmente colorato. Lascia intravedere l'argilla sottostante, che può anche essere già stata sottoposta a cottura. Alle vetrine, dette anche cristalline, si aggiungono fondenti, quali il germanio, gli alcali o i borati, allo scopo di abbassare il punto di fusione. La ceramica così rivestita prende il nome di ceramica invetrata.
La smaltatura utilizza un rivestimento di tipo vetroso che, a differenza delle cristalline, non è trasparente, ma coprente. Le ceramiche smaltate possono avere aspetto lucido o satinato. Nel secondo caso lo smalto contiene ossido di calcio e/o zinco, che, in fase di raffreddamento, cristallizza devetrificando lo smalto, togliendo brillantezza. La smaltatura di un pezzo in ceramica ha lo scopo di proteggere il pezzo dall'usura, di facilitarne la pulitura e la manutenzione e di decorarlo. Se il pezzo viene smaltato e non colorato all'ingobbio, la smaltatura avviene dopo la cottura e si utilizzano appositi smalti composti da una miscela in vari rapporti di vetro, opacizzanti, fondenti e terre. La smaltatura classica, pertanto è detta applicata al biscotto, ovvero all'oggetto già passato in cottura. Anche per la smaltatura vi sono svariate tecniche, tra le quali ricordiamo la smaltatura ad aerografo, la smaltatura a immersione, la pittura a smalto, la smaltatura a campana, la smaltatura elettrostatica. Dopo che si sia provveduto a smaltare la superficie dell'oggetto, si passa alla decorazione pittorica che è usualmente fatta a mano con pennello e colori ceramici. Questi colori ceramici sono ottenuti da ossidi minerali oppure da ossidi metallici addizionati di fondenti o indurenti. Dopo la smaltatura e la decorazione si procede con una seconda cottura, il cui scopo è quello di fissare lo smalto all'oggetto. La seconda cottura si attua in forno ad una temperatura compresa tra i 850 e i 970 °C, a seconda dei fondenti utilizzati nello smalto e sempre al di sotto della temperatura utilizzata per la prima cottura. Questa seconda cottura porterà lo smalto a vetrificare, rendendolo lucido e impermeabile. Poiché l'umidità dello smalto è scarsa e i pericoli di rottura sono conseguentemente bassi, la temperatura può essere innalzata più velocemente. Nella produzione artistica, la smaltatura e le decorazioni pittoriche su smalto furono introdotte in Europa per imitare la porcellana cinese, utilizzandole sulla meno pregiata terracotta, porosa, biscotta. Tale produzione viene annoverata con il nome di maiolica.
Produzione di ceramica in Italia
L'Italia è leader nel commercio internazionale della ceramica con una quota del 35% in termini di volumi e di valori.
Talune altre manifatture di antica origine si fregiano del marchio CAT (Ceramica Artistica Tradizionale) rilasciato dal Consiglio Nazionale Ceramico:
ceramica di Albissola (Liguria), secoli XVI-XVIII;
ceramica di Ariano Irpino (Campania), attestata fin dal XIII secolo;
ceramica di Caltagirone (Sicilia), secoli XVI-XVIII;
ceramica di Cerreto Sannita e di San Lorenzello (Campania), XVIII secolo;
ceramica di Impruneta (Toscana);
ceramica di Sciacca (Sicilia).