Urbanistica romana

La storia di Roma viene suddivisa dagli storici in tre periodi.


Il periodo della Monarchia va dalla mitica fondazione di Roma sulla sommità del colle Palatino (753 a.C.) alla cacciata di Tarquinio il Superbo (509 a.C.), ultimo re di origine etrusca. Durante quest’epoca si succedettero i governi dei sette re di Roma, ai quali la tradizione attribuisce l’esercizio del potere politico, nonché l’organizzazione dello Stato, dell’esercito e del culto religioso (di tipo politeistico e naturalistico). La società era divisa in tre caste:

  • patrizi, che, detenendo il potere economico e politico, si consideravano i discendenti dei fondatori della città di Roma;

  • plebei, la classe popolare di umili lavoratori senza diritti politici né la possibilità di accedere ai traffici commerciali;

  • schiavi (originariamente prigionieri di guerra assegnati ai propri padroni), che non godevano di alcun diritto.


Il periodo della Repubblica va dalla sconfitta degli Etruschi (cacciata di Tarquinio il Superbo) alla fondazione dell’Impero nel 30 a.C. È l’epoca della prima espansione militare di Roma nel Lazio, in Magna Grecia e a danno degli Etruschi. A questi primi “passi” seguirono altre conquiste, che culminarono nel II secolo a.C. con le guerre puniche: a questo punto Roma era la più grande potenza del Mediterraneo occidentale. In ambito artistico e architettonico il rapido processo espansionistico condusse i Romani a confrontarsi con le opere artistiche di svariati popoli: il risultato è l’elaborazione di una visione artistica e architettonica che rese Roma celebre in tutto il mondo.


Il periodo dell’Impero va dalla fondazione, per opera di Augusto, alla caduta dell’Impero d’Occidente (476 d.C.). È la fase di massima espansione, caratterizzata da una concezione globale dello Stato, inteso come vasto complesso di regioni che intrattenevano tra loro fitti rapporti commerciali e culturali. A questo periodo di prosperità e di equilibrio interno seguì una fase involutiva, segnata da un abbassamento della produttività e dalle minacce delle invasioni barbariche.



L'urbanizzazione del territorio e le opere infrastrutturali

A partire dall’epoca repubblicana, durante la quale Roma manifestò il proprio desiderio espansionistico e l’aspirazione al dominio stabile dei territori conquistati, iniziò un vero e proprio sviluppo realizzativo di grandi opere infrastrutturali, ottenuto in stretto rapporto tra architettura e ingegneria.

Il controllo delle rotte marittime sul Mediterraneo fu assicurato dalla realizzazione dei porti di Napoli e Ostia, il primo di tipo militare, il secondo di rilievo commerciale.

I rapidi spostamenti delle truppe e dei messi imperiali all’interno della penisola, e successivamente la libera circolazione delle merci, vennero garantiti da un fitto innervamento costituito di celebri strade consolari, quali l’Appia (che collegava Roma a Brindisi), la Casilina (da Roma a Cassino), la Salaria e l’Ostiense (da Roma verso il mare), la Flaminia (da Roma a Fano), la Tiburtina (da Roma a Pescara), l’Aurelia (da Roma a Ventimiglia), la Cassia (da Roma a La Spezia) e la Clodia (da Roma verso la costa tirrenica).

Per garantire durabilità a queste vie di comunicazione, che generalmente presentavano una larghezza di 3 o 4 metri (necessaria al passaggio di due carri affiancati), venne messa a punto una tecnica efficace, che consisteva nella posa di un letto di pietrisco, al quale si sovrapponeva uno strato di ghiaia e sabbia; completava il tutto un piano di calpestio fatto di lastre di pietra levigata e squadrata posate a secco, per uno spessore complessivo di circa un metro e mezzo. La grande cura posta nella realizzazione del sottofondo garantiva buona resistenza all’usura e buon drenaggio delle acque meteoriche. Quest'ultime, tramite la curvatura della sede stradale e la presenza di canaline di scolo provviste di chiusini, venivano raccolte e convogliate all’esterno.


Il percorso di questi assi viari seguiva, per quanto possibile, l’andamento altimetrico del territorio; in presenza di terreni accidentati procedeva in rilevato per evitare eccessivi dislivelli e strettoie, che avrebbero potuto rallentare la marcia delle legioni. L’attraversamento di colline e corsi d’acqua era possibile grazie a gallerie di derivazione etrusca e ponti di legno, pietra e barche. Sono noti i ponti di Martorell del 219 a.C., Aemilius del 142 a.C. (oggi conosciuto come Ponte Rotto) e Fabricius del 62 a.C. (oggi conosciuto come Ponte dei Quattro Capi) a Roma, il ponte di legno sul Danubio del 104 a.C. e il ponte di barche sul Reno del 55 a.C.

Ponte di Martorell in Catalogna, Spagna

Ricostruzione del Ponte di legno sul Danubio

Esempio di Ponte di barche romano

Sin dalla fine del VI secolo a.C., ai tempi di Tarquinio Prisco e Tarquinio il Superbo, Roma venne dotata di un diffuso impianto fognario, la Cloaca Maxima, impiegando per la realizzazione tecniche e conoscenze costruttive attinte dall’ingegneria etrusca: il suo corso in origine avveniva a cielo aperto e raccoglieva i numerosi corsi d’acqua che scendevano dalle colline attorno alla città per convogliarli nel Tevere. Successivamente, per motivi di igiene pubblica e per esigenze di spazio, i condotti fognari vennero progressivamente interrati.

Fino al IV secolo a.C., per il proprio approvvigionamento idrico, i cittadini di Roma si servirono delle acque del Tevere, di pozzi e sorgenti sparsi sul territorio. Si deve ai censori Caio Plauzio Venox e Appio Claudio Cieco, nel 312 a.C., la costruzione del primo acquedotto romano, l’Aqua Claudia o Aqua Appia. La condotta portava a Roma le acque raccolte dalle colline circostanti tramite percorsi interrati in galleria, con una tecnica costruttiva simile a quella delle canalizzazioni impiegate dagli Etruschi nelle loro campagne.



Urbanistica e fondazione di nuove città


L’espansione dei confini di Roma, resa possibile dallo sviluppo delle infrastrutture sopra descritte, fu accompagnata dalla centuriazione delle campagne, ossia la suddivisione dei terreni agricoli in lotti regolari, ottenuti da una fitta trama di assi ortogonali. A presidio delle nuove terre di conquista vennero collocate postazioni militari (castra) e insediamenti residenziali di nuova formazione, entrambi influenzati dalla visione urbanistica dell’architetto greco Ippodamo di Mileto (V sec. a.C.): l’impostazione prevedeva un nucleo generatore (il praetorium – alloggio del comandante – nell’accampamento, e il forum – la piazza – nelle nuove città) determinato dall’incrocio di 2 assi perpendicolari, il cardo (direzione nord-sud) e il decumano (direzione est-ovest), che, ripetendosi molteplici volte nelle due direzioni, generavano un reticolo di quadrilateri racchiuso da un muro di cinta pure di forma quadrilatera, spesso protetto da fossati, palizzate o terrapieni. Nei punti di incrocio tra i 2 assi principali e il muro di cinta venivano ubicate, in corrispondenza dei 4 punti cardinali, le 4 porte d’ingresso.

Numerose sono le città edificate a partire dall’originario castrum romano: tra le principali si ricordano in Italia Torino, Como, Pavia, Brescia, Bologna, Firenze e Belluno; in Spagna Barcellona; in Inghilterra Chester, Lancaster e Manchester.